giovedì 29 gennaio 2009

Conferenze e mostra netsuke

Volevo informarvi che sta per prendere il via una serie di conferenze su arte, cultura e civilta' giapponese.
La prima serie si terra' al Museo Poldi-Pezzoli, in relazione alla mostra, tuttora in corso, sui netsuke.
La seconda serie si terra' invece all'Universita' Bocconi.
Sul nostro sito puo' vedere il calendario completo delle conferenze alla Bocconi.
Di seguito il calendario degli incontri del Poldi Pezzoli.
L'ingresso è libero in entrambe le sedi.


NETSUKE. SCULTURE IN PALMO DI MANO
La raccolta Lanfranchi e opere da prestigiose collezioni internazionali.

Milano, Museo Poldi Pezzoli
14 novembre 2008 - 15 marzo 2009


In occasione della mostra Netsuke. Sculture in palmo di mano. La raccolta Lanfranchi e opere da prestigiose collezioni internazionali, il Museo Poldi Pezzoli e Banca Regionale Europea organizzano, in collaborazione con l’Assessorato alle Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia, con A2A S.p.A. e con il Centro di cultura giapponese di Milano, un ciclo di cinque conferenze.

Gli incontri, che si terranno il giovedì, a partire dal 29 gennaio fino al 5 marzo, approfondiscono temi legati all’arte, alla storia e alla cultura giapponesi, in rapporto con le opere esposte nella mostra.

Giovedì 29 gennaio, ore 18.00
Gli europei in Giappone (1543-1639). Un secolo di contatti e di reciproche influenze
Francesco Morena
Studioso di arte dell’Estremo Oriente

Giovedì 5 febbraio, ore 18.00
Fiabe e leggende dell’antico Giappone. Nell’oscura foresta e nel profondo del mare: il mondo dei mukashi banashi
Rossella Marangoni
Studiosa di lingua, letteratura e cultura giapponesi

Giovedì 12 febbraio, ore 18.00
I fiori dell’anima. Il sentimento della natura e le arti tradizionali in Giappone
Keiko Ando
Direttore del Centro di cultura giapponese di Milano

Giovedì 19 febbraio, ore 18.00
Il sacro vuoto. Il sentimento religioso in Giappone
Matteo Cestari
Ricercatore presso il Dipartimento di orientalistica dell’Università degli studi di Torino

Giovedì 5 marzo, ore 18.00
Storie fluttuanti. L’antica letteratura giapponese
Ikuko Sagiyama
Professore Ordinario di Lingua e letteratura giapponese presso l’Università degli Studi di Firenze


INFORMAZIONI
Le conferenze si tengono al Museo Poldi Pezzoli, in via Manzoni 12.
Gli incontri sono gratuiti e sono aperti a tutto il pubblico interessato.
La disponibilità dei posti è fino ad esaurimento.

Un ringraziamento particolare alla signora Keiko Ando Mei Direttrice del Centro di Cultura Giapponese di Milano che mi ha gentilmente informato di questa manifestazione.

I GIORNI DELLA MERLA TRA LEGGENDA E STORIA

La leggenda dei tre giorni della merla si perde nell'onda del tempo.

I cosiddetti giorni della merla sono, secondo la tradizione, gli ultimi tre giorni di gennaio, ovvero il 29, 30 e 31; sono considerati i giorni più freddi dell'inverno.
Il nome deriverebbe da una leggenda secondo la quale, per ripararsi dal gran freddo, una merla e i suoi pulcini, in origine bianchi, si rifugiarono dentro un comignolo, dal quale emersero il 1º febbraio, tutti neri a causa della fuliggine. Da quel giorno tutti i merli furono neri.
Secondo una versione più elaborata della leggenda una merla, con uno splendido candido piumaggio, era regolarmente strapazzata da Gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che la merla uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di Gennaio, che allora aveva solo 28 giorni. L'ultimo giorno del mese, la merla pensando di aver ingannato il cattivo Gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio si risentì talmente tanto che chiese in prestito tre giorni a Febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo, pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino, e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì, salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito a causa del fumo e così rimase per sempre con le piume nere.
Come in tutte le leggende si nasconde un fondo di verità, anche in questa versione possiamo trovarne un po', infatti nel calendario romano il mese di gennaio aveva solo 29 giorni, che probabilmente con il passare degli anni e del tramandarsi oralmente si tramutarono in 31.
Per quanto la leggenda parli di una merla, nella realtà questi uccelli presentano un forte dimorfismo sessuale nella livrea, che è bruna - becco incluso - nelle femmine, mentre è nera brillante - con becco giallo-arancione - nel maschio.

29 30 31 GENNAIO i giorni della merla e la candelora retaggio del tempo che fu (di Vittoria Inverni)
Gli ultimi tre giorni di gennaio, 29-30-31, sono tradizionalmente considerati i giorni più freddi dell’inverno. Secondo la leggenda, sono chiamati della merla perché, per ripararsi dal gran freddo, una merla si rifugiò con i suoi merlottini in un comignolo, e ne emersero il primo febbraio tutti neri. E neri furono i merli da quel momento, perché prima erano bianchi. Ma perché sono i giorni più freddi dell’inverno? A prescindere che non tutti gli anni sono o saranno stati i più freddi, che siano tra i più gelidi deve avere un fondo di verità se ne è nata una leggenda, che ha sempre per protagonista un merlo. Gennaio aveva ventotto giorni ed era il mese più freddo dell’anno. Giunto al ventottesimo giorno, un merlo, rallegrato, gridò al cielo: “Più non ti curo Domine, che uscito son dal verno”. Gennaio vendicò la bestemmia facendosi prestare tre giorni da febbraio e rendendoli ancora più gelidi.Febbraio fa parte del periodo oscuro del calendario dei popoli indo-europei, periodo senza nome prima che fossero creati i due nuovi mesi, gennaio e febbraio. Il suo nome, Febrarius, in latino significa purificare. Macrobio ricorda che Numa lo aveva dedicato al dio Februus e stabilito che durante questo mese si celebrassero riti funebri agli dèi Mani. Nelle feste, che cadevano nella seconda quindicina di gennaio, era ricordata anche Iunio Februata, Giunone Purificata che si ricordava nelle Calende di febbraio come Iuno Sospita, Giunone Salvatrice.Nel VII secolo la Chiesa Romana adattò al 2 febbraio una festa che già era celebrata in Oriente fin dal IV secolo, ovvero la presentazione al tempio del Signore. La presentazione del neonato al tempio, e la conseguente purificazione della madre, dovevano avvenire quaranta giorni dopo il parto e, poiché il giorno della nascita era stato fissato, per convenzione, al 25 dicembre, ecco coincidere perfettamente la purificazione della Vergine con la festa pagana di Giunone purificata. Nel tempo, la Purificazione della Vergine aveva preso il sopravvento sulla presentazione al tempio di Gesù, l’ultima riforma liturgica ha riportato al festa del Figliolo. Ma è rimasta l’usanza di chiamare questo giorno Candelora, Candelaia in Toscana e Ceriola, Siriola, Zariola in altre regioni, perché vi si benedicono le candele che saranno distribuite ai fedeli. Perché candele benedette in questo giorno particolare e non in altri? Perché durante i festeggiamenti a Giunone Purificata e Giunone Salvatrice i fedeli correvano per la città portando fiaccole accese. E nel VII secolo si svolgeva già a Roma, in occasione della festa cristiana, una processione notturna con ceri accesi. I fedeli giungevano a Sant’Adriano da ogni parrocchia della città e insieme confluivano tutti verso Santa Maria Maggiore. La benedizione delle candele è un’usanza successiva alla processione, ed è documentata a Roma tra la fine del IX e l’inizio del X secolo, probabilmente introdotta dal clero francogermanico. Venivano accese con un cero in una cerimonia simile a quella della veglia pasquale, mentre ora sono semplicemente benedette. Secondo la tradizione, i ceri benedetti erano conservati in casa dai fedeli e venivano accesi, per placare l’ira divina, durante i violenti temporali, aspettando una persona che non tornava, o che si pensava fosse in grave pericolo, assistendo un moribondo, durante le epidemie o i parti difficili. E Giunone era detta anche Lucina, dea della luce, protettrice tra l’altro delle partorienti.Ai nostri giorni, febbraio ha perduto la sua connotazione di mese dedicato alla purificazione e ai morti, poiché il mese dei morti è stato spostato a novembre, nel quale inizia l’Avvento, periodo dal carattere purificatorio e di attesa della nascita di Cristo.


LA FAVOLA E LE STORIELLE
Tanto, tanto tempo fa a Milano ci fu un inverno molto rigido.La neve scendeva dal cielo e copriva tutta la città, le strade, i giardini.Sotto la grondaia di un palazzo in Porta Nuova c'era un nido di una famigliola di merli, che a quel tempo avevano le piume bianche come la neve.
C'era la mamma merla, il papà merlo e tre piccoli uccellini, nati dopo l'estate.La famigliola soffriva il freddo e stentava a trovare qualche briciola di pane per sfamarsi, perché le poche briciole che cadevano in terra dalle tavole degli uomini venivano subito ricoperte dalla neve che scendeva dal cielo.Dopo qualche giorno il papà merlo prese una decisione e disse alla moglie:"Qui non si trova nulla da mangiare, se continua così moriremo tutti di fame e di freddo. Ho un'idea, ti aiuterò a spostare il nido sul tetto del palazzo, a fianco a quel camino così mentre aspettate il mio ritorno non avrete freddo. Io parto e vado a cercare il cibo dove la neve non è ancora arrivata".E così fu fatto: il nido fu messo vicino al camino e il papà partì. La mamma e i piccoli uccellini stavano tutto il giorno nel nido scaldandosi tra loro e anche grazie al fumo che usciva tutto il giorno dal camino.Dopo tre giorni il papà tornò a casa e quasi non riuscì più a riconoscere la sua famiglia! Il fumo nero che usciva dal camino aveva colorato di nero tutte le piume degli uccellini!Per fortuna da quel giorno l'inverno divenne meno rigido e i merli riuscirono a trovare cibo sufficiente per arrivare alla primavera. Da quel giorno però tutti i merli nascono con le piume nere e per ricordare la famigliola di merli bianchi divenuti neri gli ultimi tre giorni del mese di gennaio sono detti: i tre giorni della merla.

Una storiella che ha infinite varianti da posto a posto. Una cosa é però in comune a tutti: la data. I tre ultimi giorni di gennaio, considerati appunto i più freddi nonché una specie di cartina di tornasole, dato che in base a come si presenta il tempo gli esperti sanno trarre indicazioni per come sarà il clima dell'anno.Non conta che qualche metereologo si sia affannato a dimostrare che non tutti gli anni é così, che anzi le medie dicono che c'é qualche altro giorno più freddo. La tradizione non si é spenta.
O meglio, la tradizione non si era spenta.

1^ storiella......
Gli ultimi tre giorni di gennaio, il 29, 30 e 31, capitò a Milano un inverno molto rigido. La neve aveva steso un candido tappeto su tutte le strade e i tetti della città. I protagonisti di questa storia sono un merlo, una merla e i loro tre figlioletti.....
Erano venuti in città sul finire dell'estate e avevano sistemato il loro rifugio su un alto albero nel cortile di un palazzo situato in Porta Nuova. Poi, per l'inverno, avevano trovato casa sotto una gronda al riparo dalla neve che in quell'anno era particolarmente abbondante.Il gelo rendeva difficile trovare le provvigioni per sfamarsi; il merlo volava da mattina a sera in cerca di becchime per la sua famiglia e perlustrava invano tutti i giardini, i cortili e i balconi dei dintorni. La neve copriva ogni briciola. Un giorno il merlo decise di volare ai confini di quella nevicata, per trovare un rifugio più mite per la sua famiglia. Intanto continuava a nevicare. La merla, per proteggere i merlottini intirizziti dal freddo, spostò il nido su un tetto vicino, dove fumava un comignolo da cui proveniva un po’ di tepore.Tre giorni durò il freddo. E tre giorni stette via il merlo. Quando tornò indietro, quasi non riconosceva più la consorte e i figlioletti erano diventati tutti neri per il fumo che emanava il camino. Nel primo dì di febbraio comparve finalmente un pallido sole e uscirono tutti dal nido invernale; anche il capofamiglia si era scurito a contatto con la fuliggine.Da allora i merli nacquero tutti neri; i merli bianchi diventarono un'eccezione di favola.

2^ storiella......
I tre giorni della merla, il 29, 30 e 31, una tradizione che viene da lontano e che vuole che siano i tre giorni più freddi dell'inverno.
Tanto freddi che una merla, che allora aveva le piume bianche, intirizzita, ma al tempo stesso preoccupata per i suoi figlioletti, non trovò di meglio che andare a posarsi su un camino. Ci stette tre giorni, perché il gelo impediva persino di volare. Poi arrivò fortunatamente febbraio. Pallido fin che si vuole ma il sole riuscì a ridare vita e speranza. Merla e figlioletti poterono stirarsi, riaprire le ali e volare. I tre giorni sul camino però avevano prodotto una profonda trasformazione nel piumaggio, divenuto nero per la fuliggine, nero senza rimedio.Da allora i merli nacquero tutti neri.

3^ storiella......
I tre giorni della merla sono considerati i giorni più freddi dell'anno.Se sono freddi, la Primavera sarà bella, se sono caldi la Primavera arriverà tardi....
Una volta i merli erano bianchi.Un giorno per il troppo freddo uno entrò in un camino per scaldarsi e ne uscì dopo tre giorni tutto nero per la fuliggine.Due merli dalle candide piume, maschio e femmina , si ripararono per il freddo in un camino. Non avendo nulla da mangiare il maschio decise di uscire per cercare qualcosa. Dopo tre giorni tornò e trovando un uccello nero come il carbone, non riconobbe la sua merla e tornò indietro per cercarla. La merla, annerita per la fuliggine, nel frattempo morì di fame.

4^ storiella......
Il merlo e la merla si sposano alla fine di gennaio, al paese della sposa, oltre il Po. Dovrebbero riattraversarlo per tornare nella loro casa, ma si è fatto tardi e si fermano per due giorni presso dei parenti. La temperatura si abbassa molto. Merlo è costretto ad attraversare il Po ghiacciato, ma muore. Merla piange ed il suo lamento si sente ancora lungo il Po, nelle notti di fine gennaio.

5^ storiella......

Secondo la tradizione popolare gli ultimi tre giorni di gennaio coincidono con i tre giorni più freddi dell'inverno.Tanto che perfino la Merla, che un tempo aveva il piumaggio bianco, per riscaldarsi andò a ripararsi in un camino.Il suo manto divenne grigio per la fuliggine e da allora rimase di tale colore.

mercoledì 7 gennaio 2009

Odissea di un lavoratore pendolare









Spiego meglio il titolo di questo post.
Da ieri, come saprete, a Milano e dintorni nevica in abbondanza.
Io lavoro a circa 40 chilometri da dove abito.
Voi direte e allora?
Mo vi spiego l’odissea che ho dovuto affrontare per andare al lavoro.
Mi sono alzato alle cinque di questa mattina, sono uscito di casa alle ore 5,30 e ho preso la metropolitana 1 (linea rossa), ho cambiato linea alla stazione di Loreto per prendere la linea 2 (linea verde) fino alla fermata di Famagosta.
A questo punto sono andato al capolinea del bus 328 per Rozzano/Locate T.
Fin qui tutto bene, ma adesso arriva il bello.
Dopo un ora circa di attesa in mezzo alla bufera di neve nessun bus è passato.
Ormai trasformato in pupazzo di neve ambulante sono rientrato in metrò e ho chiesto lumi all’addetto della società comunale che gestisce i trasporti (ATM) il quale comunicava a me e altri astanti che per problemi di neve e di mezzi che non riuscivano a partire, non c’erano bus che andavano a Rozzano.
Ho ripreso la metropolitana fino al capolinea di Piazza Abbiategrasso nella speranza che almeno il tram n. 15, che fa’ capolinea nelle periferia nord di Rozzano, fosse in funzione.
Dopo aver aspetta 20 minuti (sempre sotto la neve) insieme a una folla di pendolari inferocita è arrivato il tram.
Per percorrere circa 7 chilometri ha impiegato ben 45 minuti.
Arrivato al capolinea mi sono fatto circa un chilometro con la neve fino alle ginocchia e finalmente sono arrivato al mio posto di lavoro.
Totale tempo 3 ore e 45 minuti per fare 40 chilometri di cui circa 30 di metrò.
Al ritorno ho impiegato solo 2,30.
Per fortuna il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ieri aveva proclamato a gran voce che non ci sarebbero stati problemi di nessun tipo.
Scusate se vi ho annoiato con questa storia, ma ho ritenuto doveroso farlo per tutti i centinaia di migliaia di pendolari che come me oggi hanno affrontato un incubo per guadagnare la pagnotta.
Buona notte a tutti.